University of Toronto G8 Information Centre
Vertici G7/G8

La Funzione del G-7 nel Complesso delle Istituzioni Internazionali

di Andrea de Guttry

La formulazione di ipotesi di riorganizzazione istituzionale dei vertici dei sette principali paesi industrializzati non può prescindere da una chiara analisi - di natura preliminare - di quella che è l'attuale struttura del G-7, dal punto di vista della composizione, del meccanismo decisionale, delle strutture di supporto, dei suoi rapporti con le altre organizzazioni internazionali.

Nel primo paragrafo si è, pertanto, ritenuto opportuno procedere ad una descrizione dell'attuale articolazione, dal punto di vista istituzionale, dei vertici del G-7. Nel secondo paragrafo, invece, si evidenzieranno i problemi più rilevanti connessi con la riorganizzazione istituzionale del G-7 e le diverse ipotesi di soluzione che si presentano alla riflessione dei sette principali paesi industrializzati specie alla luce delle conclusioni del recente vertice di Tokio nelle quali è stata espressamente affermata la necessità di ridefinire la finalità del G-7, la struttura delle sue riunioni ed il relativo meccanismo decisionale.

Nell'individuare alcune ipotesi di riorganizzazione istituzionale del G-7, si è ritenuto indispensabile collegare strettamente il contenuto delle nuove proposte con i fini per il conseguimento dei quali il G-7 dovrà continuare ad operare anche nei prossimi anni. Tali fini sono stati identificati con maggior precisione nel capitolo di Stefano Silvestri in questo volume. Le specifiche proposte che vengono formulate in questa sede sono, quindi, da intendersi come strumentali al conseguimento delle nuove finalità attribuite al G-7.

1. L'attuale configurazione istituzionale del G-7

1.1. Le caratteristiche essenziali del G-7 dal punto di vista istituzionale

Il G-7 costituisce, indubbiamente, uno degli strumenti per rafforzare la collaborazione internazionale in determinati settori. In questa sede è necessario enucleare le caratteristiche essenziali che hanno contraddistinto, sino ad oggi, tale forma di collaborazione: tale esame permetterà di evidenziare, come si può sin d'ora anticipare, la sostanziale atipicità del G-7 rispetto ad altri strumenti di cooperazione interstatuale.

Il G-7 non è un'organizzazione internazionale in senso tecnico: infatti non si basa su un trattato internazionale né vi è una struttura dotata di una certa autonomia rispetto ai singoli partecipanti. Ad oggi non esiste alcun Segretariato e tutta l'attività è improntata, almeno apparentemente, ad un elevato grado di informalità.

Oggigiorno il G-7 può essere definito come una riunione di organi di governo sottoposta al diritto internazionale, la cui competenza non incontra particolari limiti se non quelli dettati dalla volontà dei singoli partecipanti, e che dispone dei mezzi d'azione consentiti dal diritto internazionale.

Caratteristica essenziale di tale riunione è la partecipazione limitata alla stessa: si tratta dei sette principali paesi industrializzati che, da un punto di vista geopolitico, si identificano con alcune grandi potenze economiche dell'emisfero Nord del pianeta contraddistinte da un sistema politico democratico, da un'economia di mercato, e da una certa condivisione di alcuni valori basilari in tema di regole di convivenza interstatuale.

1.2. Composizione e meccanismi di funzionamento del G-7

Il G-7 nasce, nell'intenzione dei suoi promotori originari, come un meccanismo, del tutto informale e non burocratizzato, per permettere ai leader dei sette principali paesi industrializzati di discutere in maniera non protocollare questioni di comune interesse.

Questo carattere informale del G-7 si rispecchiava, almeno inizialmente, nella totale assenza di una struttura prefissata del vertice e nella mancanza di un supporto di tipo burocratico amministrativo. In verità, con il passare degli anni e con l'espandersi delle materie oggetto di approfondimento durante i vertici, si è assistito sempre di più ad una lenta, e per certi versi forse non del tutto consapevole, complicazione della struttura del vertice: ciò ha riguardato sia la fase di preparazione dei vertici, sia la fase successiva concernente il meccanismo di valutazione del rispetto e dell'implementation delle decisioni assunte durante le precedenti riunioni.

Cinque sono le questioni essenziali che hanno conosciuto uno sviluppo rapido nell'ambito del meccanismo di funzionamento dei vertici: a) la fase di preparazione del vertice; b) lo svolgimento del vertice e delle modalità di adozione delle sue decisioni; c) l'evoluzione della tipologia e del valore degli atti adottati nelle riunioni del G-7; d) gli strumenti a disposizione del G-7 per conseguire i propri fini ed e) il meccanismo di verifica dell'attuazione delle decisioni assunte nei precedenti vertici.

1.2.1. La fase di preparazione del vertice

Si tratta di una fase dalla quale spesso è dipeso l'esito del vertice. Inizialmente gestita essenzialmente dai rappresentanti personali dei leader si è continuamente arricchita sia sotto il profilo dei soggetti preposti alla gestione attiva di questa fase sia per quanto concerne le procedure.

Per quanto riguarda il primo aspetto è da segnalare che ai rappresentanti dei leader (i c.d. sherpa) si sono ben presto affiancati anche i vice-sherpa; inoltre da alcuni anni ormai è stata introdotta anche la importante riunione dei direttori generali dei rispettivi Mae per discutere l'agenda politica della riunione.

In questa fase preparatoria possono svolgere un ruolo importante i gruppi di lavoro, i gruppi di studio e le task force appositamente creati dal G-7 in relazione a specifiche tematiche: ad essi, infatti, viene affidato il compito di predisporre documenti di riflessione che possono facilitare la discussione tra i Sette (questo è, ad esempio, il compito del gruppo internazionale di studio per la valutazione del ciclo del combustibile nucleare, istituito nel vertice di Londra); presentare specifici rapporti al G-7 o ai suoi rappresentanti personali (il gruppo di lavoro dei rappresentanti dei governi del G-7 e delle CE su tecnologia, crescita e occupazione, istituito nel vertice di Versailles del 1982; anche i ministri per gli affari esteri del G-7 hanno presentato al vertice di Tokio del 1986 un «Rapporto sull'aiuto all'Africa» che è stato approvato dal vertice stesso); elaborare raccomandazioni per le riunioni al vertice (era questo il compito specifico attribuito al gruppo di lavoro internazionale per le tecnologie dell'energia, introdotto al vertice di Tokio del 1979); individuare nuove aree di cooperazione (il vertice di Londra del 1984 aveva rivolto un invito in questo senso ai ministri nazionali del G-7 competenti in materia di tutela dell'ambiente); stimolare la cooperazione tra i partecipanti (la task force per le azioni finanziarie, istituita al vertice di Parigi del 1989, annovera, tra le proprie competenze, quella di «valutare i risultati della cooperazione già in atto, allo scopo di prevenire l'utilizzo del sistema bancario e delle istituzioni finanziarie per il riciclaggio dei proventi illeciti, nonché di esaminare nuove forme di prevenzione in questo campo, includendovi l'adattamento dei sistemi legislativi e regolamentari per migliorare l'assistenza giudiziaria multinazionale». Il vertice di Houston del 1990 si è limitato ad avvallare le relazioni di questa task force impegnando i sette paesi ad una completa e tempestiva applicazione di tutte le sue raccomandazioni. Procedura simile è stata prevista anche in relazione alla task force sui precursori chimici utilizzati nella fabbricazione di sostanze stupefacenti illegali).

Compiti di tale natura sono stati svolti, nella fase preparatoria, su espresso mandato del precedente vertice del G-7, anche da Organizzazioni internazionali (OI) specializzate, quali, ad esempio, l'Ocse o il Fmi.

Sin dal 1982, inoltre, si riunisce, con una certa frequenza (tre o quattro volte all'anno) il gruppo sul commercio internazionale (Quadrilateral) alle cui riunioni partecipano i ministri competenti di Usa, Canada e Giappone ed il Commissario CE responsabile del commercio.

A partire dal vertice di Tokio del 1986, infine, hanno assunto un notevole rilievo le regolari riunioni dei ministri delle Finanze e dei governatori delle banche centrali del G-7 cui sono stati affidati i compiti, tra l'altro, di predisporre determinate attività preparatorie del vertice.

1.2.2. Lo svolgimento del vertice e le modalità di adozione delle decisioni

La convocazione del vertice viene decisa nel vertice precedente che, su proposta del paese ospitante, stabilisce, generalmente, anche il luogo e la data (il mese) di svolgimento della riunione. Eventuali vertici straordinari potrebbero essere convocati ove ritenuto opportuno da tutti i membri in relazione a specifiche tematiche che richiedano un'urgente presa di posizione comune. In linea di massima la cadenza della riunione del G-7 è annuale.

La presidenza del vertice è assicurata dal leader del paese ospitante: tra i poteri della presidenza, quali emergono dalla prassi, si possono annoverare quello, importantissimo, di fissare l'agenda dei lavori, quello di dirigere e moderare la discussione, di dare l'impulso necessario all'ordinato e proficuo svolgimento della fase preparatoria, di emanare (ove il caso) un comunicato finale sempreché le parti non preferiscano adottare, come avviene quasi sempre, una Dichiarazione congiunta. In alcuni casi, infatti, la presidenza ha rilasciato uno statement su aspetti specifici trattati nella riunione: così, ad esempio, nel vertice di Venezia del 1980 è stato rilasciato, a nome dei partecipanti al vertice stesso, uno statement sulla Dichiarazione di Bonn del 1978 sul dirottamento degli aerei. Nel vertice di Londra del 1984, poi, la Presidenza ha rilasciato uno statement sul conflitto Iraq-Iran.

Partecipano al vertice i capi di stato o di governo accompagnati dai ministri per gli affari esteri e da quelli finanziari. Da notare che il riferimento ai capi di stato che perdura nella fraseologia del G-7 (e non solo in quella) trova motivo solo ed esclusivamente nella particolare situazione dell'assetto costituzionale vigente in Francia. In verità la questione della composizione della delegazione nazionale che partecipa al vertice è sempre stata trattata con una certa flessibilità: così, ad esempio, della delegazione giapponese fa parte anche il ministro per il commercio con l'estero e l'industria, mentre gli Usa hanno incluso alcune volte nella loro delegazione anche il Direttore della Environmental Protection Agency o il Segretario di stato per l'agricoltura.

La prassi dei precedenti vertici evidenzia che si è consolidata una certa tradizione per cui alcuni momenti del vertice - normalmente si tratta delle colazioni di lavoro - sono a partecipazione ristretta in quanto riservati esclusivamente ai capi di stato e di governo.

Le decisioni del vertice sono adottate con la procedura del consensus: considerata la natura di cooperazione intergovernativa dell'esercizio del G-7, non sembrano esservi eccezioni a tale regola, che pur conferisce un significativo potere di veto a ciascuno dei partecipanti.

1.2.3. Il valore degli atti adottati nelle riunioni del G-7 e l'evoluzione della loro tipologia

Già si è fatto cenno alle modalità di adozione degli atti da parte del G-7: a questo punto, tenendo in debita considerazione le osservazioni elaborate precedentemente in relazione alla natura ed alle caratteristiche del vertice, si dovrà affrontare il delicato tema relativo al valore ed all'efficacia degli atti adottati in occasione delle riunioni annuali del G-7.

La questione è decisamente complessa e non può essere risolta che in riferimento ad ogni singolo atto, tenuto conto delle sue peculiari caratteristiche.

L'atto tipico del G-7 consiste nella Dichiarazione finale dei partecipanti alla riunione: questa Dichiarazione può suddividersi in due o più parti dedicate, rispettivamente, alle questioni economiche ed a quelle politiche; raramente, lo abbiamo già anticipato, le conclusioni della riunione, o almeno di una parte di essa, sono presentate sotto la forma di «Conclusioni della presidenza» (si ricorderanno gli statements rilasciati dalla Presidenza, in aggiunta alla Dichiarazione finale, nei vertici di Venezia 1980, Ottawa 1981, Londra 1984, ecc.).

L'esame del valore - sul piano giuridico - della Dichiarazione finale richiede un attento esame di ogni suo paragrafo. Ciò in quanto la Dichiarazione finale può contenere:

a) veri e propri obblighi internazionali a carico degli stati partecipanti alla riunione

Ove la formulazione del testo evidenzi una precisa volontà in tal senso, sorgono precisi obblighi internazionali giuridicamente vincolanti a carico dei partecipanti. Si potrebbe affermare, infatti, che ci si trova di fronte ad un accordo internazionale stipulato in forma semplificata (che non richiede, cioè, l'espletamento della successiva procedura della ratifica) tra i leader nazionali che, da un punto di vista giuridico, sicuramente detengono il potere di manifestare - sul piano internazionale - la volontà dello stato che essi rappresentano.

L'eventuale violazione degli obblighi così formulati comporta l'insorgere della responsabilità internazionale dello stato autore della violazione.

In Italia l'assunzione di obblighi internazionali attraverso la stipulazione degli accordi in forma semplificata costituisce una prassi del tutto consolidata che non provoca più dubbi rilevanti quanto alla sua conformità con le regole costituzionali sempreché, ovviamente, le materie oggetto dell'accordo stipulato in forma semplificata non coincidano con quelle menzionate all'art. 80 della Costituzione. Ove così fosse, infatti, l'assunzione di obblighi internazionali da parte dell'Italia dovrebbe avvenire, necessariamente, attraverso la procedura solenne di stipulazione dei trattati che richiede la loro ratifica ad opera del Presidente della Repubblica previa autorizzazione delle Camere.

b) Raccomandazioni agli stati membri del G-7

Numerosi sono i casi in cui nelle Dichiarazioni finali del G-7 viene rivolto un invito ai singoli stati partecipanti o, addirittura, agli stati terzi di tenere un certo comportamento. A differenza dell'ipotesi esaminata al punto precedente, in questo caso ci si trova di fronte a degli atti che non risultano giuridicamente vincolanti ma che possono essere configurati quali mere sollecitazioni.

c) Semplici inviti rivolti alle Organizzazioni internazionali

Come si vedrà meglio nel successivo paragrafo, assai intensi sono i rapporti tra il G-7 e le OI: il contenuto di tali relazioni può variare a seconda dei casi.

Di regola, peraltro, il G-7 si è limitato ad elaborare alcune proposte o ad invitare le OI ad intraprendere determinate attività: si tratta, come è del tutto ovvio, di atti che non producono obblighi giuridici in quanto sono meri inviti di natura politica destinati, oltre tutto, a soggetti diversi da quelli che diramano l'invito stesso.

d) Atti di auto-organizzazione

Nell'ambito delle Dichiarazioni finali dei vertici si possono ritrovare, con una certa frequenza, decisioni relative all'istituzione di nuovi organismi interni al sistema del vertice stesso, quali ad esempio, le task forces, i gruppi di lavoro, le riunioni di rappresentanti di alto livello ecc. Queste parti delle Dichiarazioni assumono natura vincolante ma, secondo la migliore dottrina, si tratta di atti aventi mera efficacia interna al meccanismo del G-7: tali atti vengono, infatti, opportunamente definiti come atti di auto-organizzazione interna.

1.2.4. Gli strumenti a disposizione del G-7 per conseguire i propri fini

Dopo aver ricostruito il valore giuridico degli atti adottati dal vertice, si deve soffermare ancora l'attenzione, sia pure brevemente, sugli strumenti di cui dispone il G-7 per conseguire i suoi fini. Questi, infatti, possono essere realizzati:

a) immediatamente attraverso la formulazione, direttamente nelle Dichiarazioni finali dei vertici, di comportamenti, obbligatori o meramente raccomandati, che i singoli stati membri devono o dovrebbero tenere;

b) attraverso l'invito agli stati membri di svolgere in comune determinate azioni;

c) mediante l'invito diretto agli stati membri a tenere posizioni concordate in seno alle OI;

d) invitando gli stati membri (e, magari, anche gli stati terzi o le stesse OI) a stipulare nuovi trattati in determinati settori maturi per la codificazione;

e) attraverso l'invito agli stati membri del G-7 ed eventualmente anche ad altri stati, di ratificare congiuntamente trattati già firmati;

f) delegando ad altri organismi l'esecuzione di determinate attività decise dal verticeVedi, ad esempio, la delega alla Commissione di coordinare il Gruppo dei 24.>;

g) decidendo la creazione di nuovi organismi internazionali (ad esempio, la Bers).

1.2.5. Il meccanismo di verifica dell'attuazione delle decisioni assunte nei precedenti vertici

A partire dal vertice di Londra del 1984 si è sempre di più posto l'accento, nelle Dichiarazioni finali, sull'esigenza di introdurre un meccanismo che permetta da un lato di valutare l'impatto effettivo delle decisioni assunte durante i vertici precedenti e, dall'altro, di accertare il loro effettivo rispetto da parte dei singoli partecipanti alle riunioni.

Con il passare degli anni tale meccanismo è andato rafforzandosi ed è divenuto sempre più importante in quanto consentiva anche di procedere ad una reale valutazione del grado di effettività e, conseguentemente, di utilità, delle riunioni al vertice.

Inizialmente tale attività di «monitoraggio» veniva posta in essere, sia pure in maniera molto superficiale, durante la stessa riunione del G-7 nel corso della quale i singoli partecipanti riferivano, in maniera più o meno dettagliata, delle misure intraprese, al loro interno, per dare concreta esecuzione alle decisioni adottate in precedenza.

Successivamente, al fine di valutare l'effettiva implementation delle decisioni adottate nei settori di natura tecnica, sono stati individuati specifici gruppi di rappresentanti ad alto livello cui è stato conferito un preciso mandato al riguardoVedi, ad esempio, il par. 16 della Dichiarazione di Venezia del 1980 mediante il quale veniva istituito un gruppo di tale natura per esaminare periodicamente i risultati conseguiti nel settore del risparmio energetico.>.

La Dichiarazione finale del vertice di Venezia del 1987 indica espressamente tra gli obiettivi del vertice stesso proprio quello di «esaminare i progressi compiuti dai nostri paesi, singolarmente e collettivamente, nell'attuazione delle politiche alle quali ci siamo impegnati in occasione dei vertici precedenti».

Nella medesima Dichiarazione finale viene affidato alla riunione del ministri delle Finanze del G-7 il compito di verificare l'effettivo rispetto delle decisioni prese nel settore economico-finanziario-monetario, e di presentare in proposito delle relazioni al vertice stesso. Ciò rappresenta uno sviluppo significativo rispetto alla situazione precedente in cui, come si è visto, limitate funzioni di controllo erano state affidate a Comitati di natura tecnica (quali, ad esempio, quello sul risparmio energetico).

1.3. Verso una decentralizzazione delle funzioni del vertice?

Dal quadro descritto in precedenza emerge, a conferma di quanto anticipato, che la struttura istituzionale del G-7 ed il relativo meccanismo decisionale sono divenuti sempre più complessi: al contempo si assiste alla creazione di un numero rilevante di nuovi organismi ed alla attribuzione, ad alcuni di essi, di una certa potestà decisionale.

In questo contesto merita infatti ricordare che contemporaneamente all'evoluzione degli obiettivi del G-7 si è assistito anche ad un significativo incremento delle materie oggetto di esame e di cooperazione: accanto alle tradizionali questioni economiche, commerciali e finanziarie che occupavano una parte rilevante delle Dichiarazioni finali delle riunioni dei primi anni, si sono lentamente affiancati temi quali la questione energetica, la lotta al terrorismo nazionale ed internazionale, la lotta contro il riciclaggio, la protezione dell'ambiente, la tematica della cooperazione con paesi in via di sviluppo, l'uso dell'energia nucleare, la bioetica, la lotta all'Aids ecc. Il documento finale adottato al vertice di Londra del 1991 rappresenta il punto di arrivo di questa evoluzione: in esso, infatti, vengono passati in rassegna e commentati praticamente tutti i principali problemi politici del momento.

In considerazione della natura estremamente tecnica delle nuove materie oggetto della cooperazione del G-7, molte di queste sono state affidate a nuovi organismi appositamente creati in seno al G-7 (gruppi internazionali di lavoro, task force, gruppi di studio ecc.).

In questa sede merita riassumere alcune caratteristiche specifiche di tali nuovi fori anche al fine di individuare, ove possibile, una linea di tendenza che potrebbe caratterizzare, nel prossimo futuro, l'evoluzione istituzionale dello stesso G-7.

Interessante da notare è, anzitutto, il grado di istituzionalizzazione, di burocratizzazione e di formalizzazione di queste nuove strutture: esso appare decisamente più elevato e raffinato di quello del vertice stesso. Prendendo ad esempio il nuovo foro costituito dal gruppo dei 7 ministri finanziari, introdotto nel vertice di Tokio del 1986, emerge che gli scopi ed i compiti di tale meccanismo di consultazione sono stati definiti in termini alquanto dettagliati (ulteriori compiti gli sono stati affidati nel successivo vertice di Venezia del 1987), che la frequenza delle riunioni è stata incrementata e la partecipazione alle riunioni risulta allargata anche ai Governatori delle banche centrali mentre non è prevista la presenza della Commissione delle CE.

Simili considerazioni possono valere anche per le riunioni della Quadrilaterale che si tengono due o tre volte all'anno sotto la presidenza del rappresentante Usa.

In un altro caso, il tentativo di istituzionalizzazione è andato ancora oltre: si tratta del gruppo d'azione finanziaria, già menzionato in precedenza. Nella riunione di Londra del 1991 il vertice del G-7 ha espressamente indicato l'esigenza non solo che il gruppo d'azione operi su base permanente, ma anche che possa disporre della struttura di un Segretariato che, nel caso specifico, potrebbe essere fornito, a parere dello stesso G-7, dall'Ocse.

In secondo luogo deve essere sottolineato che la tendenza prevalente per questi nuovi fori istituiti dal G-7 sembra essere quella di estendere la cooperazione e la partecipazione anche ad altri stati: così, ad esempio, nel vertice di Houston il G-7 ha invitato i paesi Ocse e quelli partecipanti ad organizzazioni finanziarie che aderiscono alle raccomandazioni della task force per l'azione finanziaria e le applicano, a partecipare alle riunioni della stessa.

Similmente l'invito a partecipare alla task force per l'azione chimica è stato esteso a tutti i paesi che commerciano in sostanze chimiche utilizzabili nella fabbricazione di sostanze stupefacenti.

Se è pur vero che, quale regola generale, i gruppi di lavoro o le task forces debbano riferire o presentare rapporti al vertice, è altresì vero che mediante tali attività già si raggiunge, immediatamente, uno degli obiettivi dell'esercizio del G-7: quello di intensificare ed allargare a nuovi settori la cooperazione tra i 7 principali paesi industrializzati. È proprio questa la ragione per cui il vertice normalmente si limita ad avvallare le attività di questi nuovi fori provvedendo, ove il caso, a dare alcune indicazioni strategiche e/o linee politiche generali.

1.4. I rapporti esistenti tra il G-7 e le altre organizzazioni internazionali

La struttura atipica del G-7 ha sollevato, sin dall'inizio, il problema dei suoi rapporti con le altre organizzazioni. Al riguardo sono state elaborate varie teorie, sia in dottrina quanto ad opera dei singoli partecipanti alle riunioni. Anche in questo caso interessa evidenziare in concreto come sono stati configurati tali rapporti attraverso un esame dei testi ufficiali adottati al termine delle varie riunioni.

Prima di entrare nel dettaglio delle varie tipologie di rapporti instaurati tra il G-7 e le organizzazioni internazionali esistenti, pare utile fare alcune considerazioni generali preliminari.

Anzitutto in vari documenti viene ribadito che il G-7 ha inteso operare tenendo in adeguata considerazione anche gli interessi degli stati non partecipanti alle riunioni al vertice. In secondo luogo, sin dalla prima riunione di Rambouillet, è stato ribadito che il G-7 intende servirsi delle organizzazioni internazionali esistenti per realizzare determinati obiettivi ma non pretende, assolutamente, di sostituirsi alle stesse. In terzo luogo, infine, i 7 principali paesi industrializzati hanno sottolineato ripetutamente che essi non intendono rinunciare ad instaurare un rapporto attivo, ed in parte anche critico, nei confronti delle OI.

Entrando più nel dettaglio dei rapporti tra le OI e il G-7, emerge che con quest'ultimo esercizio diplomatico si è inteso:

- prendere semplicemente nota delle attività svolte dalle OI (specie della Cee);

- sottolineare le attività svolte dalle OI (Bonn, 1985, par. 8);

- appoggiare le decisioni già prese dalle OI (Londra, 1977, par. 4; Londra, 1984, par. 5; Venezia, 1987, par. 18; Toronto, 1988, par. 11; Monaco, 1992, par. 14; Tokio, 1979, par. 19);

- integrare le decisioni già deliberate da parte delle OI (Venezia, 1980, par. 22);

- dare concreta attuazione alle deliberazioni delle OI (Tokio, 1993, par. 7);

- predisporre linee di azione comuni tra i paesi del G-7 nei confronti delle OI ed all'interno di queste (Venezia, 1980, par. 33 e Houston, 1990, par. 58);

-sollecitare altre nazioni a collaborare con il G-7 su singole tematiche in seno alle OI (Tokio, 1986 e Venezia, 1987);

- invitare altri stati a compiere determinate attività nelle OI (Houston, 1990 par. 14);

- rafforzare la cooperazione tra il G-7 e le OI (Versailles, 1982, par. 3 e Williamsburg, 1983);

- prendere l'impegno, nella loro qualità di leader nazionali, di partecipare personalmente a determinate attività delle OI (Londra, 1991, par. 10);

- suggerire la configurazione dei rapporti ideali tra le varie OI (Venezia, 1980, par. 28, Williamsburg, 1983, par. 4, Londra, 1984, par. 5 e Venezia, 1987, par. 29);

- influenzare il decision making process interno delle OI mediante la presentazione di specifiche proposte (Houston, 1990, par. 71);

- invitare le OI a svolgere determinate attività (Londra, 1977, par. 4; Venezia, 1987 e Houston, 1990 par. 45);

- chiedere alle OI di svolgere determinate attività (Londra, 1977; Venezia, 1980, par. 21 e Houston, 1990, par. 45);

- proporre di rafforzare determinate OI o alcune loro attività specifiche;

- assicurare che le OI abbiano i mezzi necessari per realizzare i loro compiti e, ove il caso, contribuire all'incremento delle loro risorse (Londra, 1977, cpv. 5);

-proporre riforme specifiche delle OI (Tokio, 1986, par. 12 e Toronto, 1988, par. 16);

- auspicare la partecipazione di nuovi stati alle OI esistenti (Monaco, 1992, par. 39);

- proporre la creazione di nuove OI (Parigi, 1989, par. 48 e Londra, 1991, par. 14);

- utilizzare alcune OI per svolgere attività di immediato interesse del G-7 (Londra, 1984, par. 3).

Sintetizzando le conclusioni cui porta un'attenta lettura dei documenti ufficiali, si può affermare che il G-7 ha avuto nei confronti delle OI cinque diversi tipi di approccio:

a) Nei confronti delle OI universali (NU, Gatt ecc.) in cui il suo concreto peso decisionale risulta decisamente limitato, il G-7 ha manifestato molta cautela limitandosi a prendere atto di alcune decisioni adottate, di suggerire alcune proposte e di invitare gli altri stati ad una collaborazione più stretta per superare situazioni di impasse. In questo contesto si deve segnalare il particolare rapporto tra G-7 e NU: nei primi anni (e, invero, praticamente sino al 1989) il rapporto era assai formale, con una rinuncia di fatto del G-7 ad esercitare qualsiasi pretesa di influenza sul Palazzo di Vetro. A partire dal 1989 ed in considerazione del mutato scenario internazionale, il G-7 è divenuto decisamente più intraprendente arrivando, nei vertici più recenti, addirittura a sollecitare delle riforme della Carta delle NU o di parti di essa.

b) Nei confronti delle OI all'interno delle quali il proprio peso è rilevante (sia per il meccanismo del voto - Fmi - sia per il limitato numero dei membri dell'OI stessa - Ocse -), il G-7 ha posto in essere un preciso tentativo di orientamento delle grandi scelte di tali OI e di individuazione delle relazioni che dovrebbero sussistere tra di esse.

c) In alcuni, in verità, limitati, casi, il rapporto diviene di natura «quasi gerarchica»: è il caso, ad esempio, dell'Ocse al quale il G-7 spesso chiede, in termini piuttosto perentori, la realizzazione di determinate attività.

d) Assai di rado si è assistito ad un tentativo del G-7 di sovrapporsi alle OI competenti, deliberando direttamente in materia: si tratta, in verità, di casi decisamente isolati che certamente non costituiscono un dato rilevante anche alla luce dell'affermazione del G-7, più volte ripetuta, di non volersi sostituire alle OI esistenti ma, al contrario, di voler utilizzare queste ultime per il conseguimento degli scopi del G-7 stesso.

e) Infine, in un numero limitato di casi, il G-7 ha elaborato proposte concrete relative alla creazione di nuove organizzazioni internazionali ritenendo inadeguate quelle esistenti (Parigi, 1989, para 48 e Londra, 1991, par. 14).

2. Il G-7 nel mutato scenario internazionale: prospettive e possibili contenuti di una riforma istituzionale

2.1. Ipotesi di nuovi assetti istituzionali del G-7

2.1.1. La riorganizzazione del «sistema G-7»

Come anticipato nella premessa, in questa sede verranno presentate, esaminate e - ove necessario - valutate criticamente alcune idee circa la riorganizzazione e la razionalizzazione dell'assetto istituzionale del G-7.

Obiettivo di questa parte del saggio è di individuare la configurazione istituzionale del G-7 che risulti maggiormente funzionale al conseguimento dei nuovi compiti che il G-7 sarà chiamato a perseguire nei prossimi anni.

Ai fini di questo saggio sono stati considerati quali obiettivi futuri del G-7 quelli individuati, analizzati e commentati nel saggio di Stefano Silvestri.

Nella formulazione di ipotesi di razionalizzazione del sistema istituzionale del G-7 e del suo adattamento alle nuove esigenze che si sono profilate in questi ultimi anni, pare assolutamente indispensabile operare una netta distinzione tra l'annuale Riunione al vertice da un lato e, dall'altro, il c.d. «sistema G-7» nel quale rientrano l'insieme delle attività e degli organismi che ruotano intorno alla riunione al vertice.

In linea generale si può sin d'ora anticipare che risulta opportuno rendere meno burocratica, più informale e spontanea la riunione del vertice mentre, contemporaneamente, si dovrà rendere più funzionale e razionale il «sistema G-7». Ciò comporterà, inevitabilmente, un certo «appesantimento» istituzionale e burocratico del «sistema G-7» la cui nuova articolazione dovrà però contribuire ad alleviare in misura significativa il carico di lavoro della Riunione al vertice.

A questo punto ed alla luce di tali premesse pare possibile individuare alcuni capisaldi sui quali articolare la ristrutturazione del «sistema G-7».

Obiettivi e compiti specifici del «sistema G-7». In primo luogo risulta necessario individuare gli obiettivi ed i compiti da affidare al «sistema G-7»: esso dovrà svolgere funzioni nella fase ascendente (preparazione delle decisioni del vertice), in quella discendente (attuazione delle decisioni deliberate dai capi di stato e di governo), in tema di controllo e supervisione sull'esecuzione delle decisioni adottate ed, infine, avrà compiti di segreteria amministrativa e tecnica del G-7.

Per ciò che concerne la c.d. fase ascendente, il «sistema G-7» dovrà essere organizzato in maniera tale da essere in grado di elaborare alcune proposte concrete da sottoporre poi alla decisione del vertice: si tratta sia di proposte in settori altamente tecnici (ad esempio, lotta contro il riciclaggio dei proventi da attività illecite ecc.), sia di proposte aventi una natura prettamente politica (ad esempio, proposte per affrontare crisi di lunga durata).

Per quanto riguarda, invece, la c.d. «fase discendente», il «sistema G-7» dovrà assicurare la rapida ed efficace esecuzione delle decisioni deliberate dal vertice: ciò sia nel caso che il vertice abbia espressamente delegato ad uno degli organismi del sistema l'esecuzione di determinate attività sia nel caso che tale delega espressa non sia stata prevista ma risulti, ciò nonostante, necessario svolgere alcune attività integrative per consentire l'effettiva applicazione delle decisioni prese.

In tema di monitoraggio e controllo del rispetto delle decisioni prese, il sistema dovrà essere strutturato in modo adeguato per assicurare una valutazione complessiva non solo dell'effettivo impatto delle decisioni adottate ma anche per accertare il grado di conformazione alle stesse da parte dei singoli partecipanti.

Infine tra i compiti del «sistema G-7» rientrano anche quelli di assicurare una segreteria tecnica e amministrativa che agevoli il lavoro «politico», che assicuri una certa continuità all'insieme delle attività e che, al contempo, consenta di costituire una «memoria storica» del G-7.

La struttura istituzionale del «sistema G-7». Allo scopo di affrontare adeguatamente i compiti evidenziati in precedenza, sembra inevitabile introdurre alcune innovazioni istituzionali al «sistema G-7»: si tratta, in verità, solo di «aggiustamenti» minori in quanto l'insieme del sistema, quale emerge dalla ricostruzione effettuata in precedenza, risulta in gran parte già strutturato in maniera funzionale al conseguimento dei nuovi obiettivi.

In settori di natura tecnica e di natura finanziaria-monetaria, il sistema, infatti, risulta già attrezzato per conseguire i molteplici compiti che dovrebbero essergli assegnati: si pensi, ad esempio, all'eccellente lavoro svolto dalla riunione dei ministri delle Finanze e dei Governatori delle Banche centrali che già operano nella fase ascendente, in quella discendente e nel settore del controllo. Altri esempi che possono essere citati in questo contesto sono i molteplici gruppi ad hoc, working group, ecc. che hanno evidenziato una notevole capacità operativa.

Carenze si ravvisano, invece, in settori quali quello dell'armonizzazione tra esigenze del regionalismo e quelle del globalismo, in quello della migliore preparazione ed attuazione di particolari aspetti di politica estera che non abbiano una forte base economico-monetaria, in quello della segreteria tecnico-amministrativa ed in quello del monitoraggio relativo all'effettiva esecuzione delle decisioni assunte dai vertici.

Per ovviare a tali carenze si potrebbero avanzare alcune proposte concrete.

In primo luogo sembra pressoché inevitabile individuare, in tempi brevi (e magari già al vertice di Napoli), una forma di dialogo tra i tre organismi di integrazione regionale cui partecipano gli stati membri del G-7: l'Unione Europea, il Nafta (e, più precisamente, la Free Trade Commission istituita dall'art. 2001 del Trattato Nafta) e l'Apec (tra i vari organismi di integrazione economica e commerciale dell'Estremo Oriente, questa pare la controparte più adeguata in considerazione della sua connotazione non solo tecnica ma anche politica). Una forma di dialogo tra tali organismi, incentivata e coordinata dal G-7, appare un elemento indispensabile nell'ambito della nuova strategia del G-7 di ridurre i profili di incompatibilità tra le varie forme di integrazione regionale.

Più concretamente, si potrebbe immaginare che il vertice di Napoli formuli un invito ai tre organismi di riunirsi con una certa regolarità allo scopo, magari, di svolgere determinate attività preparatorie per il vertice successivo.

In secondo luogo, in tema di rafforzamento della dimensione politica del G-7, di miglioramento della sua attività di crisis management e di coordinamento delle posizioni dei suoi membri, si potrebbe suggerire di intensificare le riunioni dei ministri degli Affari esteri del G-7: anche in questo caso il vertice potrebbe chiedere ai ministri degli Affari esteri, come è stato fatto in passato, di predisporre su determinati argomenti specifici rapporti da presentare alla riunione successiva del vertice. In considerazione dei legami sempre più stretti e pressoché inscindibili tra il carattere prettamente economico-finanziario e quello politico di molte delle decisioni assunte dal vertice, i ministri degli Affari esteri potrebbero altresì contribuire, nella fase ascendente, al lavoro di preparazione delle decisioni del vertice.

Inoltre ben si potrebbe immaginare che il vertice deleghi ai ministri degli Esteri, in linea generale, il compito di affrontare congiuntamente eventuali improvvise crisi future che richiedano, per una soluzione rapida ed efficace, uno sforzo congiunto dei G-7.

In terzo luogo, per quanto concerne l'attività di Segreteria tecnica-amministrativa, si possono formulare due ipotesi alternative tra di loro. Da un lato si potrà continuare l'attuale sistema per cui, di fatto, è lo stato che detiene la presidenza del G-7 a svolgere tali funzioni: tra gli aspetti negativi di una simile scelta possono essere menzionati quello di una gestione inevitabilmente «nazionale» del lavoro di segreteria, quello della difficoltà di assicurare una certa continuità al lavoro nonché quello di rendere quasi impossibile la costituzione di una «memoria storica» la cui utilità, in organismi di natura simile al G-7, è spesso risultata assai importante.

In alternativa, si potrebbe immaginare di creare un Segretariato del G-7 (costituendolo ex novo o utilizzando, se del caso, la struttura di segreteria di organizzazioni già esistenti, quali, ad esempio, quella dell'Ocse), decisamente snello e costituito da un numero limitato di persone (sul modello del Segretariato Csce), che possa assolvere ai compiti di cui sopra. In questo caso gli aspetti negativi collegabili ad una simile scelta sembrano essere quello di appesantire ulteriormente il «sistema del G-7» introducendo un nuovo organismo che, quasi inevitabilmente, tenderà a crescere e che rischia di burocratizzare eccessivamente l'intero esercizio diplomatico del G-7.

In quarto luogo, infine, si deve ancora segnalare che l'attività di verifica e di monitoraggio dell'attuazione delle decisioni prese è destinata ad assumere un'importanza sempre crescente nel prossimo futuro Vedi, in proposito, le rilevanti considerazioni elaborate nel documento presentato al G-7 nel giugno 1993 da un apposito gruppo di lavoro, su «The Future of G7 Summit and a System of International Cooperation in the New Era».>.

Per migliorare il grado di efficacia in tale ambito potrebbe essere introdotto, sul modello di altre esperienze già consolidate, un nuovo organismo all'interno del «sistema del G-7»: si tratta della riunione dei vice primi ministri del G-7 cui dovrebbero essere attribuiti specifici compiti, nella sola «fase discendente», di assicurare il corretto follow up delle decisioni prese al vertice. In questo contesto potrebbe essere loro richiesto di presentare, annualmente, uno specifico rapporto alla Riunione del vertice sullo stato di attuazione delle decisioni adottate nei precedenti vertici.

In verità, funzioni di tale natura, potrebbero essere svolte, teoricamente, anche dagli sherpa: affidare questi compiti alla riunione dei vice primi ministri presenterebbe però l'indubbio vantaggio di assicurare un più alto grado di efficacia all'attività di monitoraggio essendo coinvolti, direttamente, i singoli governi nazionali che, in gran parte, sono immediatamente destinatari delle decisioni dei vertici.

Considerazioni conclusive sulla riorganizzazione del «sistema G-7». Alla luce delle considerazioni che precedono emerge l'esigenza, che d'altronde era già stata anticipata, di sviluppare l'apparato istituzionale del «sistema» favorendo ciò la possibilità di ridurre il lavoro di routine ed il grado di burocratizzazione della riunione al vertice.

In altri termini emerge con chiarezza che l'esigenza di alleviare il lavoro del vertice, di renderlo meno formale, più personale e orientato all'elaborazione delle grandi scelte strategiche, comporta, inevitabilmente, un certo aggravio di lavoro ed un certo appesantimento istituzionale del «sistema G-7».

Questa considerazione deve essere letta, altresì, in collegamento con i nuovi obiettivi che si intendono perseguire mediante l'esercizio diplomatico del G-7: si tratta di obiettivi ambiziosi, complessi e di lunga durata che richiedono necessariamente un'adeguata struttura che consenta la concreta elaborazione di nuove strategie e di decisioni rapide ed efficaci. Rispetto a tutto ciò le conseguenze evidenziate in precedenza relative ad un certo appesantimento del meccanismo istituzionale non sembrano essere tali da sollevare problematiche insormontabili.

2.1.2. La riorganizzazione della riunione al vertice

Dopo aver ricostruito la nuova configurazione che dovrebbe assumere il «sistema G-7», si deve soffermare l'attenzione sulle modalità di riorganizzazione della riunione del vertice. In proposito si deve ricordare che ripetutamente i capi di stato o di governo hanno manifestato il desiderio e l'auspicio che le riunioni al vertice ritornino alla loro concezione iniziale di una riunione nella quale sia possibile una discussione libera e franca su vari problemi di interesse comune. Significativo è al riguardo il paragrafo della Dichiarazione finale del vertice di Tokio del 1993 nella quale i Sette hanno espresso l'opportunità di rendere meno cerimoniali i vertici, riducendo il numero delle persone coinvolte, dedicando meno attenzione al documento finale ed assicurando maggior tempo per le conversazioni informali.

Per conseguire tale fine, largamente condiviso, sarà, peraltro, necessario agire con decisione sul «sistema del G-7» al fine di alleviare in modo sensibile il carico di lavoro della riunione al vertice. Si tratta, come già visto, di migliorare la fase di preparazione del vertice e di introdurre nuove regole per l'attribuzione delle competenze a trattare determinate materie.

Obiettivi e compiti specifici delle riunioni al vertice. Alla luce dei fini per il conseguimento dei quali viene auspicata la perdurante operatività del G-7, pare indispensabile attribuire alla riunione al vertice i seguenti compiti:

a) costituire il foro decisionale al massimo livello nel quale viene dato il necessario impulso ad una serie di attività (nazionali ed internazionali) condivise e concordate dai capi di stato e di governo. Tale attività di stimolo potrà essere realizzata sia attraverso l'adozione di decisioni aventi efficacia esterna immediata sia attraverso l'istituto della delega a trattare determinati argomenti affidata dal vertice ad altri organismi del «sistema G-7» (ad esempio, alla riunione dei ministri delle Finanze e dei Governatori delle Banche centrali, ai ministri degli Affari esteri, ecc.);

b) assicurare il necessario coordinamento all'insieme delle iniziative realizzate nell'ambito del «sistema G-7» (tali iniziative sono già state descritte nel precedente paragrafo). Si deve, infatti, evitare che la proliferazione degli organismi operanti all'interno del «sistema» conduca allo svolgimento di attività ispirate da logiche diverse e che, di conseguenza, non possono che condurre a risultati quanto mai modesti. Al riguardo l'esperienza deludente degli organismi delle NU che si occupavano di cooperazione con i Pvs senza alcun reale coordinamento politico non può essere certo dimenticata;

c) fornire le linee di orientamento generale dell'insieme delle attività del «sistema» G-7: si tratta di un compito che, per molti versi, risulta simile a quello di cui al precedente punto b) ma che presenta specificità peculiari. Durante la Riunione, infatti, i leader nazionali dovranno disegnare le grandi scelte strategiche nell'ambito delle quali dovranno poi agire individualmente i singoli organismi;

d) offrire la possibilità di affrontare in maniera adeguata eventuali crisi o crisi di lunga durata che richiedono un'indicazione strategica deliberata al massimo livello decisionale (ad esempio, la crisi russa). Già si è detto che il vertice, per il semplice fatto che si riunisce solo una volta all'anno, non è certamente la struttura idonea per affrontare, con efficacia, l'insieme delle crisi internazionali: un simile compito dovrà essere, ove il caso, delegato dai leader ad altri organismi del «sistema G-7» quali, ad esempio la riunione dei ministri degli esteri;

e) valutare, attraverso un'analisi dei rapporti di attività che dovranno essere predisposti, su base annuale, dai singoli organismi del «sistema G-7», lo stato di attuazione e di implementation delle decisioni assunte nelle Riunioni precedenti. Questa attività risulta indispensabile per consentire al vertice di accertare il reale grado di efficacia delle decisioni prese ed il loro effettivo impatto sulla realtà internazionale;

f) offrire ai leader nazionali la possibilità di approfondire la conoscenza personale reciproca in modo tale da avere anche un migliore grado di conoscenza delle specifiche problematiche nazionali: ciò, infatti, può aiutare i vari leader a comprendere la motivazione di alcune posizioni assunte dai loro colleghi.

Preparazione delle riunioni al vertice. L'attuale prassi di preparazione del vertice non richiede profonde modifiche: si dovranno, comunque, tenere in adeguata considerazione i nuovi compiti affidati alla Riunione.

In considerazione della nuova struttura e dei nuovi compiti del vertice vi dovrà essere, inevitabilmente, una ridefinizione del ruolo dei rappresentanti personali dei capi di stato e di governo. Agli sherpa, infatti, dovrà competere, essenzialmente, la fase istruttoria della parte della riunione del vertice dedicata agli argomenti di routine: sarà loro compito, ad esempio, quello di sottoporre ad un esame preliminare i documenti rilevanti prediposti dai singoli organismi del «sistema G-7» in modo tale che i capi di stato debbano soffermare la propria attenzione solo sugli aspetti più rilevanti o più controversi.

Ai rappresentanti personali potrebbero, poi, essere affidati compiti più incisivi in tema di coordinamento delle attività di follow up delle decisioni adottate dai capi di stato e di governo (si veda, però, quanto affermato in proposito nel precedente paragrafo).

Infine, si dovranno studiare delle forme nuove che consentano ai leader nazionali di essere maggiormente coinvolti nel processo di preparazione del vertice sin dalla fase iniziale di tale processo: un obiettivo di questo genere non può che essere conseguito, in gran parte, mediante la individuazione di forme di collegamento più intense tra il singolo rappresentante personale ed il capo di stato o di governo che lo ha nominato.

Modalità di svolgimento della riunione. La riunione, per conseguire i fini ricordati in precedenza, dovrebbe essere suddivisa in due fasi, da tenere ben distinte l'una dall'altra: la prima fase, istituzionale, dovrebbe essere dedicata allo svolgimento di alcune attività «di routine» quali, ad esempio, l'esame di una serie di documenti elaborati per il vertice dai vari organismi del «sistema G-7», la valutazione circa l'implementation delle decisioni adottate nelle Riunioni precedenti, l'attività di coordinamento, l'indicazione degli indirizzi relativamente alle modalità di affrontare determinate crisi di lunga durata, e quella di aggiornamento delle scelte strategiche sulle tematiche generali.

Altro tema centrale di questa parte della riunione potrebbe essere quello delle decisioni relative all'attribuzione delle deleghe da conferire ai vari organismi del «sistema G-7» per il conseguimento di obiettivi specifici.

Ove necessario, e cioè in presenza di crisi dell'ultima ora verificatesi in prossimità della riunione di luglio, i capi di stato potrebbero estendere il dibattito, in questa prima fase della riunione, al modo di affrontare, congiuntamente ed in maniera coordinata, la crisi in atto.

La seconda parte della riunione, invece, dovrebbe essere dedicata alla discussione aperta, franca ed informale, di tematiche nuove che potrebbero essere proposte, volta per volta, dal presidente di turno, eventualmente su sollecitazione di uno dei partecipanti. Si potrebbe anche immaginare, peraltro, che non venga definita l'agenda di questa parte della riunione proprio al fine di consentire una discussione «in libertà».

Questa parte della riunione, che per scelta espressa non dovrebbe essere preparata precedentemente in tutti i suoi aspetti dagli sherpa, dovrebbe servire proprio a conseguire l'obiettivo di migliorare la conoscenza personale tra i leader e di offrire loro la possibilità di comprendere, attraverso un rapporto diretto, le ragioni di alcune posizioni nazionali che altrimenti rischierebbero di essere di difficile interpretazione.

La partecipazione alle riunioni al vertice. Alla luce dell'articolazione ideale delle riunioni dei capi di stato e di governo configurata in precedenza, discendono, in maniera pressoché naturale, alcune conseguenze quanto alla partecipazione al vertice.

Nella prima parte della riunione, quella, per intenderci, dedicata alla discussione degli argomenti «di routine», sarebbe utile che vi fosse la presenza anche dei ministri degli affari esteri e, eventualmente, dei ministri delle finanze in modo tale che eventuali inquietitudini o incertezze dei capi di stato rispetto a determinati punti possano essere risolte immediatamente. La presenza di questi ministri può risultare utile anche per consentire ai capi di stato di esercitare in maniera effettiva il loro potere di coordinamento, impulso e orientamento nei confronti delle altre istanze che partecipano alla vita del G-7.

Nella seconda parte della riunione, quella dedicata al dibattito aperto, franco ed informale, su tematiche nuove proposte volta per volta, la partecipazione dovrebbe essere limitata esclusivamente ai capi di stato e di governo accompagnati, ove lo desiderino, dal loro consigliere personale. Solo restringendo la partecipazione in questa maniera, infatti, sarà possibile conseguire gli specifici obiettivi che si intendono perseguire mediante questo tipo di riunione informale.

Modalità di conclusione della riunione. Più volte è stato sollevato, sia da parte degli studiosi che da parte dei partecipanti, il problema della stesura della Dichiarazione finale che ha assorbito, in non pochi casi, la maggior parte delle energie intellettuali e fisiche dei partecipanti ai vertici. Al contempo è stato anche evidenziato che vi sono dubbi fondati quanto all'effettiva efficacia e capacità di impatto di una Dichiarazione lunga e articolata che spesso dedica un paragrafo a tutti i grandi problemi della Comunità internazionale senza indicare, di frequente, soluzioni concrete e praticabili: non di rado, infatti, il testo della Dichiarazione è stato considerato come un semplice elenco di problemi rispetto ai quali risultano carenti proposte concrete di soluzione.

Il desiderio diffuso di ridurre o addirittura eliminare del tutto la Dichiarazione finale non è stato ancora conseguito e difficilmente potrà esserlo in futuro anche per le inevitabili forti aspettative che la riunione del G-7 suscita nei mass media di tutto il mondo e nell'opinione pubblica internazionale.

Se risulta, quindi, difficile ipotizzare di eliminare in toto il documento conclusivo della riunione, si potrebbero immaginare soluzioni intermedie che possano venire incontro alle esigenze, che sembrano del tutto fondate, riassunte in precedenza.

Una prima ipotesi potrebbe essere quella di chiudere il vertice non con una Dichiarazione finale dei partecipanti ma, come avviene spesso in altri organismi simili e come è avvenuto in casi limitati anche in seno del G-7, con uno statement del presidente di turno che riassume la discussione avvenuta.

In alternativa si potrebbe immaginare la stesura di una Dichiarazione finale dei partecipanti più ristretta e dedicata a rendere pubbliche le decisioni adottate nel corso della prima parte della riunione (quella dedicata alle questioni di «routine»).

Non risulterebbe invece necessaria, per ragioni sin troppo ovvie, la redazione di una dichiarazione specifica sui lavori svolti nel corso della seconda parte della riunione (quella «informale»).

3. Contributo all'identificazione degli specifici interessi italiani in tema di riforma istituzionale del G-7

Di fronte ai possibili contenuti di una riforma dell'assetto istituzionale del G-7 pare ancora opportuno evidenziare quali siano gli specifici interessi italiani che inducano a propendere per l'una o l'altra soluzione.

In linea generale è da ritenersi che l'Italia abbia specifico interesse al rafforzamento del G-7 non essendo membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ed apparendo comunque non imminente una riforma della composizione di questo organo che consenta al nostro paese una presenza più rilevante.

Il G-7 rappresenta, pertanto, per l'Italia l'unico foro autorevole attraverso il quale sia possibile influenzare direttamente e in collaborazione con i tradizionali partner occidentali, alcune decisioni che concernono l'insieme della Comunità internazionale.

Ove si condividano tali argomentazioni si può affermare, coerentemente, che l'Italia ha un preciso interesse a che venga rafforzata l'intera struttura del G-7 per renderla sempre maggiormente idonea a perseguire i nuovi fini che ad essa vengono assegnati. Una maggiore informalità e spontaneità alle riunioni al vertice, accompagnate da alcune misure che irrobustiscano la fase di preparazione del vertice e dalla previsione di un ricorso sempre più largo all'istituto della delega da parte dei capi di stato o di governo a favore dei competenti organismi operanti in seno al «sistema G-7», sembrano obiettivi coerenti con i peculiari interessi italiani.

Se, poi, si passa dall'individuazione degli interessi dell'Italia come singolo stato a quelli dell'Italia come membro importante di un'aggregazione regionale, pare possibile affermare che una delle priorità da accordare al G-7 dovrebbe essere indubbiamente quella di contemperare le esigenze del regionalismo con quelle del globalismo.

A differenza degli Usa (e del Canada) che sono membri contemporaneamente di due esperienze di integrazione economica-commerciale (quella del Nafta e quella dell'Apec) e che hanno rapporti istituzionali intensi con i partner europei anche attraverso la comune partecipazione alla Csce, l'Italia e gli altri partner europei si trovano in una situazione assai diversa.

Considerando in particolare la situazione italiana, i suoi interessi economici e commerciali nel continente nord-americano e nell'estremo oriente, si può affermare che il nostro paese risulterebbe particolarmente vulnerabile in caso di conflitti di tipo economico-commerciale tra i blocchi regionali. I recenti risultati positivi dell'Uruguay Round del Gatt contribuiscono solo in parte ad attenuare tale pericolo.

In quest'ottica risulta del tutto evidente l'interesse primario italiano a veder rafforzato ed istituzionalizzato, nell'ambito del G-7, un meccanismo che consenta di prevenire e comunque ridurre al minimo la possibilità di conflitti economico-commerciali tra le tre aree richiamate in precedenza.

Funzionale alla tutela di tale specifico interesse potrebbe essere la proposta di creare, come suggerito precedentemente, un meccanismo di consultazione tra UE, Nafta e Apec il quale, agendo sotto l'impulso e il coordinamento del vertice del G-7, consenta di affrontare preventivamente alcuni problemi evitando il loro aggravarsi.


Source: Guido Garavoglia and Cesare Merlini, eds. Il Vertice dei Sette: ruolo e prospettive del G-7 nel mutato scenario internazionale Lo Spettatore Internazionale. Milano: Franco Angeli, 1994. Copyright ©, Istituto Affari Internazionali. Reproduced by permission of the Istituto Affari Internazionali.



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